TEX E IL TEMA DELLA MORTE

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  1. ymalpas
     
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    L’ovest nord americano, alla fine del XIX° secolo, è un mondo in estinzione. Le lunghe cavalcate a briglia sciolta, le risse nei saloon, i duelli nella main street… sono gli ultimi bagliori che ancora il vecchio West riesce a sprigionare. È un mondo dove i personaggi solari, allegri e spensierati sono banditi. Non c’è nessuna ambiguità in queste figure, caratterizzate senza intellettualismi, senza complicazioni o melodrammi. È un mondo di avventurieri, disincantato nella sua essenza, un mondo dove accanto ai coloni e ai cercatori d’oro, agiscono giramondo senza scrupoli che si macchiano di ogni sorta di delitti. Le lapidi nelle boot-hills di alcune tra le più indomabili cittadine, quali Wichita, Dodge City o Tombstone, testimoniano della violenza della lotta. Un mondo dove vige ad esempio la legge di Roy Bean, un barista e al contempo un giudice di pace, che si autonomina pomposamente – la legge all’ovest del Pecos -, un magistrato col capestro facile, hang’em high, che impartisce la sua lezione di legalità in un saloon, che è noto per il segno intorno al collo dovuto a una passata impiccagione.

    Le frontiere del più popolare fumetto western italiano sono dei confini di carta che non mancano di riproporre l’anarchica - Gun Law – la legge della pistola, che probabilmente non sempre va di pari passo con la correttezza storica, ma che nella sua intuizione riesce a catturare il clima drammaticamente violento di quelle contrade. Il fumetto Tex ci ripropone cioè dei luoghi comuni solo in parte assimilabili alla realtà storica, che ci permettono più o meno velatamente di volare lontano con la fantasia, percorrendo l’America di quei giorni, dove una patina di esotismo, data di volta in volta dai caratteristici ranch o i cappelli a tesa larga messicani, domina il paesaggio arido e assolato.

    Tex è l’allegoria dell’uomo giusto nell’eterna lotta tra il bene e il male. Un personaggio invincibile ma non antipatico, infallibile nell’estrarre la pistola e nell’avvertire il pericolo, che in questo mondo così poco ispirato alla sua immagine, si muove a suo agio, ma con gravità. Nella storia I dominatori della valle di Nolitta, che nell’ambientazione degli allevatori di bestiame del Wyoming, è un concentrato di pura violenza che esemplifica bene il discorso fatto finora, il ranger si muove con generosità e rettitudine, ma si dimostra anche irriducibile e implacabile come il destino, ponendosi per la forza della sua eroicità come l’epicentro positivo di un drammatico microcosmo, lancinante e teatrale nella sua tensione, che contribuisce a smantellare interamente. Non mancano però le vittime, in primis la giovane Loretta Powell che muore strozzata proprio da un cappio al collo.

    Quello di Tex insomma non è un luminoso avvenire, la morte è un pericolo costante e il suo coraggio, la sua determinazione, le mille esperienze vissute non riescono a mascherarne completamente l’idea. La morte è un presenza ingombrante, che come un’ombra segue i protagonisti e si materializza improvvisamente negli occhi stralunati e nella bocca bagnata da un rivolo di sangue dei numerosi avversari che sono arrivati alla fine della loro pista. Nei racconti di Gianluigi Bonelli i due pards cercano spesso di sdrammatizzare l’idea della morte, con delle frasi che ricorrono spesso al pensiero dei fiori su una tomba, che alleviano le loro inquietudini, dando loro la forza di guardare in avanti, e contribuiscono a rasserenare non poco i lettori. Ma l’ incognita di una fine prematura continua a sussistere in tutta la sua problematicità.

    Nella serie abbiamo solo due casi che presentano la scomparsa di due personaggi che non sono assimilabili alla categoria dei villains comuni che con la benedizione dei quattro pards marciranno all’inferno spalando carbone. Sono due giovani donne, Lilith e Taniah. La loro perdita causa un irrimediabile senso di solitudine a Tex, protagonista addolorato della storia Il giuramento e a Tiger, l’eroe vendicativo, pazzo di dolore, che giunge quasi a un sentimento di autodistruzione in Furia Rossa. La morte delle loro donne accomuna i due uomini, l’idea dell’amata che non c’è più è un’ ossessione che segretamente li tormenta nel loro intimo e spiega in larga parte anche il loro carattere introverso, scontroso nel primo e taciturno nel secondo.

    Kit Willer reagisce meglio alle varie perdite degli amici, citiamo quelle dei due navajos in Giungla crudele e ne Il segreto del Morisco, quindi quella di un giovane bandito, Jesse Kimball, che si sacrifica per salvargli la vita in Morte di una amico. Piccolo Falco è un personaggio che dimentica in fretta anche le donne. Nell’albo Sfida infernale, la bella Fiore di Luna riceve una pallottola in pieno petto destinata a lui e muore tra le sue braccia… Non morire Fiore di Luna! Noo! Tex e Carson nel frattempo si sono avvicinati a lui. Devi farti coraggio, figliolo… Io l’amavo pà… l’amavo con tutto me stesso! Ti capisco, so cosa vuol dire, l’ho provato anch’io. Ma ora devi farti forza. In queste parole c’è tutto il drammatico senso attribuito alla morte, che accompagna ineluttabilmente la loro vita e per questo deve essere accettata senza lasciare troppo spazio alle lacrime. La durezza di Tex verso i sentimenti laceranti di suo figlio sorprende non poco i lettori ma trova una giusta giustificazione in questa dimensione, quasi atemporale, rude e cruda nei suoi ritmi, dove chi si ferma è perduto. È una realtà ben nota agli indiani, soprattutto agli apaches, che scorridori impenitenti erano spesso accolti con piombo caldo, un’esistenza dunque alquanto precaria, con la morte inquilina accettata di buon grado.

    Più che il rimpianto è piuttosto l’idea della vendetta che sembra animare invece i nostri eroi, così ad esempio ci viene detto da Nizzi nella storia Ritorno a Culver City, che riporta alla luce avvenimenti di molti anni prima che avevano visto Tex far giustizia della morte del fratello.

    Comunque i quattro satanassi difficilmente si rassegnano all’idea della scomparsa di un loro pard. Nell’albo Agguato a Mezzanotte un proiettile scheggia la fronte di Carson, barricato all’interno della prigione della cittadina di Amarillo e lo lascia privo di sensi. Tex accorso in suo aiuto, non può vederlo eppure non si lascia andare ad ipotesi pessimistiche sulla sua salute. Stesso discorso ne Il presagio dove invece le parti si invertono ed è Tex a scomparire tra i flutti di un fiume in piena, una valanga d’acqua che lascerebbe intendere poche speranze di salvezza, soprattutto per un uomo le cui mani dovrebbero essere saldamente legate da un paio di manette. Eppure neanche in quest’occasione i suoi pards si lasciano andare alla rassegnazione e alla fine sono compensati nelle loro ricerche. Nella storia Il segreto del Morisco si teme invece per la vita di Kit Willer, in mano ad avversari contrassegnati da una ferocia animalesca. La mente di Tex, che si è lanciato in una disperata lotta contro il tempo per ritrovarlo sano e salvo, non è mai attraversata dal pensiero della possibile morte del figlio. Una fiducia quasi incrollabile questa che trova poche giustificazioni in un ambiente così caratterizzato dalla virulente aggressività di questi nemici.

    Nella storia El Muerto che per la sua ossessione delle morte, motrice dell’azione, si rifà al celebre film di Sergio Leone, C’era una volta il west…, Nolitta attribuisce a quello che forse è il suo più celebre personaggio un odio viscerale contro Tex che troverà il suo sfogo e l’ineluttabile conclusione nella collina degli stivali. È una storia questa dove l’idea della vendetta si concretizza pienamente in un personaggio antagonista, un idea originale che è stata parzialmente rivisitata da Mauro Boselli nella storia I sette assassini, nel personaggio Jack Thunder, messo di fronte al pastore della comunità di Heaven/Helltown, Padre Sheridan, che aveva cercato anni prima di ucciderlo. Questa storia si pone alla nostra attenzione per l’eccessivo, quasi maniacale, uso della violenza, incarnata da personaggi orrendi che lasciano una lunga scia di sangue come segno del loro passaggio nelle lande che attraversano come una tempesta.

    Un altro celebre personaggio che l’odio contro Tex tiene in vita anche dopo la sua morte, sospeso in un limbo indefinito che gli consente comunque di nuocere ancora, è Mefisto. Nel numero 501 rivediamo qualcosa che solo la vena fantastica giustifica, ovvero il ritorno alla vita del personaggio, che si riappropria del suo corpo, già da tempo divorato dai topi, in un modo alquanto originale e surreale. I lettori non sono nuovi a questo genere di chimere, già nell’albo I quattro amuleti, il papà di Tex si era servito di uno zombie!

    Come dire… per gli autori è sempre meglio lasciare una porta aperta anche per i nostri tizzoni d’inferno! Ma nessuno di loro ha mai pensato a un soggetto che come spunto iniziale potesse avere appunto l’idea della morte di uno dei pards, questa volta tangibile, quasi palpabile, che lasciasse spazio a una storia di vendetta dall’alone epico, salvo alla fine recuperare in maniera credibile e convincente il personaggio che si era creduto scomparso.
     
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11 replies since 9/9/2006, 16:16   417 views
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