TEX - STORIA

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  1. ymalpas
     
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    L’organizzazione politica dei Navajos.

    Come molti popoli dediti alla caccia e alla raccolta, i Navajo originariamente non conoscevano nessuna autorità centrale. Politicamente ogni gruppo locale agiva in modo autonomo. Solo in occasione di cerimonie importanti, o per ricomporre dissidi all’interno del gruppo, oppure a scopo di difesa, i singoli gruppi si associavano temporaneamente sotto un’autorità riconosciuta da tutti. I naat’áaníí, i capi dei gruppi locali, avevano acquisito grande considerazione per meriti in campo sociale ed economico, senza però essere autorizzati al potere esecutivo. Essi negoziavano con altri gruppi, ma anche con indiani di altre tribù e con i bianchi, come – portavoce della loro comunità – e stipulavano trattati solo dopo essersi accordati con il proprio gruppo. La decadenza dell’agricoltura e il parallelo aumento dell’importanza dell’allevamento richiesero una mobiltà più elevata e la coesione di più gruppi locali. In seguito a questo fenomeno i naat’áaníí perdettero in influenza e si formarono gruppi di custodia ( o di pascolo, i cosiddetti outfit ), i cui rappresentanti erano in genere uomini particolarmente benestanti.

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    Barboncito

    Nel campo d’internamento di Bosque Redondo, l’amministrazione impose una nuova struttura organizzativa: ordinati secondo le regioni di provenienza, si formarono dodici gruppi, ognuno avente un capo alla propria guida. Tutti sottostavano al grande capo Barboncito. Egli disponeva della necessaria autorità e aveva sottoscritto a nome di tutti i Navajo il trattato del 1868. I suoi consiglieri erano due grandi personaggi, Manuelito ( Daháana Baadaní ) e Ganado Mucho ( Tótsohnii Hastiin ), assieme ad un consiglio composto al massimo dai capi di trenta gruppi locali: Narbona Segundo, Cabra Negra, Barbas Gueras ed altri uomini di prestigio.

    Quando i Navajos fecero ritorno nella loro terra, gli agenti federali conservarono, per considerazioni pratiche, questa provvisoria soluzione amministrativo-politica. I funzionari si basavano sull’autorità dei capi, peraltro localmente limitata, per comporre incidenti ( per la maggior parte furti di bestiame ) e liti interne, evitando così interventi militari. Dopo la morte del capo più famoso, la cui autorità aveva retto fino ad allora il sistema amministrativo, questo equilibrio si spezzò velocemente e i funzionari furono costretti a sedare i conflitti locali tramite l’impiego di un corpo professionale di polizia.

    Solo nel 1921, quando nella riserva si scoprì la presenza di gas naturale e petrolio, i responsabili americani sentirono la necessità di regolare le competenze politiche in modo più severo e vincolante.

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    Manuelito.

    [ Tratto da Il mondo dei Navajos, di Helga Teiwes e Wolfgang Lindig, edito dalla Jaca Book ]


    Nel mondo a fumetti immaginato da Gianluigi Bonelli l’organizzazione politica della riseva navajo si differenzia sensibilmente da quella storica pur mantenendo inalterate alcune costanti che ci permettono di fare un parallelismo fra le due realtà.

    Il capo dei navajos Freccia Rossa, personaggio che è presente negli albi da La mano rossa [ # 1 ] a Il fuoco [ # 16 ], è un uomo che, come lo storico Barboncito, regna con la sua indiscussa autorità su tutta la comunità dei navajos.

    La figlia Lilith sposa un uomo bianco, Tex Willer, l’albo come tutti sanno è Il patto di sangue [ # 7 ]. Quest’unione, coronata dalla nascita di un figlio, Kit Willer ( conosciuto anche con il nome indiano di Piccolo Falco ), determina alla morte del vecchio capo, una successione basata su un legame che riconosceremo come – familiare – , che consiste cioè in una sorta di eredità dinastica ibrida. Freccia Rossa infatti ha avuto un altro figlio, Sagua, un maschio nato da un’unione illegittima, se così possiamo definirla in questi ambienti. La madre, la ben nota Zhenda, si batte con tutte le sue forze perché le prerogative del figlio vengano riconosciute a livello tribale, in modo che Tex Willer, l’usurpatore, come lo chiama stizzita, sia allontanato.

    In realtà l’autorità indiscussa di Tex Willer poggia essenzialmente su riconosciuti meriti personali. Il ranger dei bianchi che è anche l’agente indiano del suo popolo rosso, è un uomo ammirato, apprezzato e stimato, la sua tribù lo considera come un uomo giusto e saggio. Sono doti che in questo tipo di società possono ancora decidere del destino di un uomo.
    Numerose volte lo vediamo che ricompone le dispute all’interno della sua comunità, come avviene ad esempio nelle bellissime sequenze de Il segno di Cruzado [ # 243 ], che bene illustrano il rapporto con la sua gente. In molte occasioni egli è addirittura costretto a schierarsi in difesa del suo popolo contro gli abusi dell’uomo bianco, non di rado fronteggia infatti a muso duro anche gli eserciti, continuamente guidati da ufficiali fanatici, incapaci e segregazionisti, guadagnando sul campo il suo diritto alla leadership. In questa sua caratterizzazione si dimostra quindi molto vicino se non alla realtà, almeno allo spirito dei nativi, che come si è visto premiava le doti individuali. Insomma sin dai tempi eroici che gli valsero il nome di Aquila della Notte, Tex si è dimostrato meritevole di guidare i navajos, contro le pretese, in parte anche giuste di Zhenda, e di tutti gli altri come ad esempio Orso Veloce ne Il presagio [ # 475 ], che nel corso degli anni hanno cercato di sottrargli il commando.

    L’organizzazione politico/amministrativa della riserva vede dunque in Tex l’autorità indiscussa, che dialoga di volta in volta con i capi delle altre tribù indiane o con il grande padre bianco di Washington. Come lo storico Barboncito è affiancato da alcune figure che svolgono il ruolo sia di consiglieri che di sostituti in sua assenza, parlo ovviamente dei suoi inseparabili pards: Carson, Kit e Tiger. Proprio a questi due ultimi personaggi sono delegate spesso le funzioni di quella che potremo chiamare la gestione della riserva, con compiti impegnativi da non sottovalutare, come ad esempio il controllo sui rifornimenti governativi ( cibo, coperte e altro), che si dimostrano di una vitale importanza per la sopravvivenza in una terra arida ed inospitale. Tex governa dal campo “centrale” anche i numerosi gruppi periferici, ognuno dotato di un proprio capo, naat’áaníí, citiamo a caso Sagua che ha accettato di guidare i navajos delle Terre Alte, l’albo è New Orleans [ # 72 ].

    Un altro albo, La valle tragica [ # 33 ], contiene un episodio intitolato – Pat l’irlandese – che è introdotto da una vignetta che vede Tex e Carson osservare Kit e Tiger che si allontanano a cavallo. La didascalia spiega meglio cosa sta accadendo: “Per il raduno annuale delle tribù navajos, Tex ha mandato Kit a rappresentarlo, essendo egli e Carson impegnati in una delicata missione.” Se nel corso degli anni la caratterizzazione dei ruoli di Tiger e Kit si va via via affinando come un rapporto di subordinazione del secondo rispetto al primo, Kit viene infatti visto come un giovane allievo con una personalità scarna, cosa che comporterebbe un problema serio di eredità, spirituale e al contempo temporale, alla morte del padre, è da notare che nell’albo citato Gianluigi Bonelli risolve frettolosamente il dilemma, precisando che Kit Willer è stato mandato al raduno perché, come Tex dice a Carson: … mio figlio un giorno sarà capo di tutte le tribù navajos…

    L’eredità del potere si porrebbe in questo senso in termini esclusivamente dinastici, senza troppo guardare al valore di Tiger Jack che è superiore certamente a quello del ragazzo Kit Willer, anche se il navajo ha sofferto troppo forse del suo ruolo di “ombra” al fianco di Aquila della Notte, per poter un giorno rivendicare con successo i diritti sulla successione.

    Edited by ymalpas - 12/9/2006, 14:58
     
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